UNVS - Commissione Nazionale Cultura

13-04-2017 21:34 -

CONVEGNO SUL TEMA:

"Il ruolo delle emozioni e della motivazione nel processo di apprendimento e nella costruzione del personale progetto di vita"

Relatore
Dott. Pasquale Piredda


L´idea di tentare un approccio al problema della dimensione emozionale e motivazionale, nel processo di apprendimento, nasce dall´esigenza di interpretare lo spirito delle recenti innovazioni scolastiche nei suoi contenuti pedagogici, che oltre ad interessare la sfera cognitivo-abilitativa di tipo disciplinare, investe anche la sfera esistenziale degli alunni nel loro processo di crescita, maturazione e sviluppo.

Infatti, come prevedono le stesse Indicazioni Nazionali, la Scuola si configura come una "officina del sapere" che promuovere gli alfabeti fondamentali della cultura (conoscenze e abilità), ma anche come una "officina umanitatis", che trasforma i paradigmi tradizionali dell´istruzione (legati alle discipline) in valori legati alle altre dimensioni dello sviluppo umano, che coinvolgono sempre le dinamiche emozionali e le competenze socio-emotive (il saper essere con se stesso e con gli altri).

Dal Profilo dello Studente alla fine dei due cicli di istruzione, inoltre, emerge la necessità che "le conoscenze disciplinari (il sapere), le abilità operative apprese (il fare consapevole) e le azioni e relazioni interpersonali intessute (l´agire responsabile, ovvero il saper essere) costituiscano lo strumento e la condizione per maturare le personali competenze che arricchiscono la personalità dello studente e lo rendano autonomo costruttore di se stesso in tutti i campi della esperienza umana, sociale e professionale......... spendibili in vari contesti di vita, di studio e di lavoro" (life skills).

In questo quadro è molto importante che gli insegnanti, nello svolgimento della loro azione didattico-educativa, stimolino la partecipazione attiva e la motivazione all´apprendimento degli alunni, mettendo in atto metodologie e strategie personalizzate che li coinvolgano totalmente e li contagino emotivamente, alimentandone continuamente la curiosità e il gusto della scoperta.

Tutte le scuole di pensiero ed in particolare le recenti scoperte nel campo delle neuroscienze sono concordi nel sostenere, che il processo di apprendimento è centrato sulla persona, intesa nella sua totalità antropologica, in cui interagiscono continuamente le funzioni cognitive, emotive, socio-emotive e corporee. Se si focalizza l´attenzione, come in questo contesto, sulla sfera emozionale, c´è da considerare che nelle scelte che ci impone la vita quotidiana, siamo guidati, in fondo, dalla memoria emozionale, dagli insegnamenti dell´esperienza passata e dalla ragione, che interviene cooperando con i sentimenti.

Siamo di fronte a un argomento estremamente vasto e complesso, che investe diversi piani plurifunzionali di significato, vari settori di investigazione e di studio, con un´importante ricaduta nel campo dell´educazione e dell´istruzione scolastica. In questa prospettiva le emozioni non sono più soltanto una reazione fisiologica a determinate situazioni, ma una variabile che interagisce con tutti i piani dell´organismo, da quello neurologico a quello viscerale, da quello cognitivo a quello comportamentale, dando significato e spessore a tutti gli eventi della nostra vita.

Le emozioni sono strettamente legate agli stimoli, che sono alla base dell´apprendimento e determinano la positività o la negatività dei comportamenti.Ne deriva che, spesso, si verificano, purtroppo, manipolazioni di vario tipo da parte dei media, dei politici e di numerosi persuasori occulti; perciò è necessario vigilare affinché le nuove generazioni non cadano in queste trappole pericolose. La scuola, che, non è solo il luogo dove si forniscono e si travasano i saperi, ma, come afferma Carl Rogers (1902 -1987), uno dei padri fondatori della psicologia umanistica, "L´ambiente in cui dobbiamo far entrare le nostre emozioni, il nostro vissuto" ha, il compito di far acquisire ai ragazzi la consapevolezza delle emozioni, educarli a saperle discriminare, a gestirle e a dirottarle verso obiettivi valoriali (competenze emotive). Tanto più l´insegnante aiuterà l´alunno a vivere emozioni positive e a prendere coscienza delle proprie emozioni anche in ambito scolastico, tanto più lo aiuterà ad imparare, ad imparare ad imparare e soprattutto a sentire il bisogno e il piacere di imparare. Se si può affermare che non c´è apprendimento senza emozioni e che queste sono i nostri migliori percorsi di conoscenza (skill emotive), ci si chiede, a questo punto, se la scuola e gli insegnanti sono veramente impegnati su questo fronte.

In realtà bisogna riconoscere che l´aspetto emozionale e motivazionale legato al processo formativo è piuttosto carente nelle nostre scuole; basti pensare che nessuna Università al mondo, che si occupa della formazione degli insegnanti, chiede loro di padroneggiare competenze socio-emotive. La nostra è ancora una scuola che non dà adeguato spazio alle emozioni, è, come afferma il filosofo e sociologo Edgard Morin (n. 1921), "una scuola senz´anima". La Scuola, dunque, pur essendo orientata verso l´innovazione, a parte alcune progettualità isolate, di fatto, continua a sottovalutare e marginalizzare la dimensione della emozionalità e a privilegiare la razionalità, la logica, la linearità, la semplificazione. La scarsa attenzione per questa problematica ha radici antiche, che vanno individuate nelle varie scuole filosofiche che si sono succedute nel corso dei secoli. E´ il caso, allora, di fare un veloce riferimento all´evoluzione del pensiero filosofico occidentale, che, per molti secoli, ha perseguito la teoria dualistica tra Pathos e Logos, viste come identità opposte.

BREVI CENNI SU ALCUNE TEORIE FILOSOFICHE

Dopo la parentesi presocratica che, tramite Eschilo, Sofocle, Euripide, mette in scena l´uomo tormentato dal suo dramma esistenziale e non indica alcuna separazione tra sentimento e pensiero, inizia un´inversione di tendenza che mette al centro della cultura "la razionalità", l´uso rigoroso della mente che si sviluppa in direzione logica e critica. Si consolida, poi, almeno fino al 18° secolo, la concezione filosofica che le emozioni costituiscono un elemento perturbatore del comportamento razionale.

Socrate (469 - 399 a.C.) sostiene che la verità si presenta all´anima attraverso il logos e non attraverso i sensi. Il logos reprime, o meglio, domina il pathos, poiché anche la felicità è legata al sapere.

Platone (427 - 347 a.C.) sostiene la teoria che "le emozioni sono una malattia dell´anima", che pur essendo "un serbatoio indispensabile per la ragione, hanno un effetto destabilizzante sulla costruzione armonica del soggetto, se non sono continuamente guidate ed indirizzate verso fini più razionali e moralmente utili"

Aristotele (384 - 322 a.C.) include le emozioni nella categoria della passività in quanto " passioni " e "non azioni".

Gli stoici (fine del IV e tutto il III Secolo a.C.) considerano le emozioni giudizi irrazionali la cui distinzione dipende dall´evento: evento buono e atteso (desiderio), evento cattivo e atteso (paura), evento buono e presente (gioia), evento cattivo e presente (dispiacere)

Sant´Agostino (354 - 430), nelle sue "Confessioni", considera le passioni come "un cancro dell´anima", che porta alla perdita del sé più autentico e profondo, una condanna legata alla carne.

Nel 17° secolo Cartesio (1596 -1650) , nella sua opera "Dicorso sul metodo" (1637), seguendo la sua teoria razionalistica, asserisce la supremazia della "res cogitans" (sostanza pensante) sulla "res extensa" (sostanza corporea, spaziale, meccanicamente determinata), del pensiero sulla realtà sensibile, in quanto i sensi sono privi di ogni dignità conoscitiva e danno una falsa visione della realtà; l´ego, quindi, si deve "disincarnare" e lasciarsi guidare dalla ragione e non dalle emozioni.

Con l´Illuminismo molti filosofi hanno considerato le emozioni nell´ambito di una materialità del comportamento e nell´ambito di una similitudine col mondo animale.

Nell´800 si assiste ad un riscatto dei sentimenti, che i poeti, i filosofi e gli artisti mettono al centro della vita, al di là delle strettoie della ragione. Verso la fine dell´800 e a cavallo del Novecento si è arrivati allo schieramento di due teorie opposte: la teoria centrale delle emozioni e la teoria periferica delle emozioni. La teoria centrale sostiene che il cervello, reagendo agli stimoli ambientali,trasmette al corpo le emozioni, cosicché il cuore batte forte, il viso impallidisce o arrossisce, le mani sudano ecc. (Walter Cannon); i fautori della teoria periferica, affermano, invece, che i segnali per attivare le emozioni arrivano dai vari territori periferici : muscoli, vasi, ecc. (William James).
Rispetto a queste due teorie, il riconoscimento che le emozioni non hanno una funzione puramente idraulica (trasmissione istintuali sta delle pulsioni), ma che coinvolgono tutto l´organismo e, quindi, il comportamento umano nel suo complesso, viene da Sigmund Freud (1856 - 1939), il quale sostiene che una parte della vita sommersa (linguaggio dell´inconscio, linguaggio dei sogni, ecc.) è in gran parte legata alle emozioni.
Immaginiamo, a questo punto, di paragonare le emozioni ad un iceberg, il quale rimane sommerso e quindi invisibile per l´85% della sua struttura, mentre la parte visibile sopra la superficie è solo il 15%. della sua massa. Se, rifacendoci a questa metafora, sviluppiamo la comprensione delle nostre emozioni, possiamo scavare sotto la superficie e riuscire a vedere la magnificenza e complessità dell´iceberg nella sua interezza.
Alla fine del secolo scorso Jean Piaget (1896 -1980), pur limitandosi alla fase dello sviluppo senso-motorio, ha sottolineato che in questa fase, la vita affettiva è inseparabile dalla vita cognitiva. Egli fa anche un interessante paragone tra l´intelligenza che rappresenta il motore di un´automobile, e le emozioni, che costituiscono la benzina, che permette al motore di funzionare.

Jerome Bruner (n.1915) sostiene che lo sviluppo cognitivo non avviene al di fuori delle mediazioni emotive, educative e sociali, che lo rendono possibile.

GLI INDIRIZZI ATTUALI

Dobbiamo arrivare a Daniel Goleman (n. 1946)) , per un reale riconoscimento della dignità culturale e formativa delle emozioni nel quadro del percorso formativo dell´alunno. L´autore, riprendendo il termine di "intelligenza emotiva", inventato da John Mayer e Peter Salovey (1987), nella sua opera che porta lo stesso titolo "Intelligenza emotiva" (1996), stampato in 30 lingue , con 5 milioni di copie vendute, sostiene che tra "le due menti, quella razionale che pensa e quella emozionale che sente, esiste un´interazione necessaria e continua, anche in termini conflittuali, che serve a costruire la nostra vita mentale".

Egli conferma la teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner (n.1943), quando nel suo libro, "Le intelligenze multiple", esamina l´intelligenza interpersonale e l´intelligenza intrapersonale, che egli considera come "la predisposizione alla leadership, ad alimentare relazioni, a conservare amicizie, a risolvere conflitti, ad analizzare il contesto di interazione sociale; capacità di comprendere gli altri e le loro motivazioni; capacità di formarsi una immagine realistica e accurata di sé stesi, di essere in sintonia con se stessi per operare con successo nella vita"(Goleman 1995 pag. 64-65).

Sulla base di questa convinzione, egli arriva ad affermare che la riuscita sociale di una persona non è tanto legata alla potenza del suo intelletto, quanto alla sua capacità di comunicare con gli altri, di valutare le situazioni sociali ed emozionali, di controllare le proprie emozioni, di non lasciarsi trascinare dalla collera, di inibire la propria aggressività, di emettere i giusti segnali emozionali, di restare sintonizzati con gli altri per navigare in modo armonioso con la flotta di relazioni umane di cui si è circondati. Dal lavoro di ricerca dello stesso autore emerge, infatti, che solo il 20% del Quoziente di Intelligenza (Q.I.) di una persona può determinare il successo nella vita. Da un altro suo studio, realizzato con gli studenti di un college statunitense risulta, inoltre, che il Quoziente Intellettivo (Q.I.) determina tra il 15 e il 25% del successo scolastico.

Ne deriva la necessità che gli studiosi del settore offrano agli insegnanti elementi di conoscenza utili per analizzare i processi di sviluppo degli alunni, tenendo presente, oltre al Quoziente Intellettivo( Q.I.) anche il Quoziente Emozionale (Q.E.).

Lo studioso portoghese Antonio Damasio (n.1944), uno dei massimi esperti a livello mondiale nel campo delle neuroscienze, asserisce che la mente emotiva appare direttamente legata al corpo in attività, alle sue azioni e sensazioni; è quindi l´intero nostro organismo che interagisce con l´ambiente, non con il corpo da solo o con il cervello da solo; le nostre emozioni, secondo lo studioso, sono intrappolate nelle reti della ragione; la coscienza e la consapevolezza dei nostri pensieri sono, a loro volta, generate da un´emozione, per cui conclude, nel suo libro che "l´errore di Cartesio" sta proprio nell´aver postulato la separazione tra mente e corpo, che si sintetizza nella sua famosa frase "cogito ergo sum" (penso, quindi sono). Tale affermazione andrebbe, dunque, corretta, secondo lo studioso, col rovesciamento della frase, che andrebbe così riformulata: "sum ergo cogito" (sono, quindi penso). Egli afferma, inoltre, che, quando si prende una decisione, si attiva un processo automatico che egli definisce "marcatori somatici", i quali intervengono, insieme o in alternativa al ragionamento, e servono a favorire o a escludere alcune delle scelte da adottare ed influiscono, in modo decisivo, sulle motivazioni. I marcatori somatici sono costituiti da sensazioni emotive, corporee, viscerali, che fungono da segnali positivi o negativi, rendendo la decisione più o meno efficiente. Quando il marcatore somatico è negativo si attiva un campanello d´allarme che inibisce la motivazione e quindi l´azione, per cui non si ottiene il risultato sperato, quando interviene il marcatore positivo, esso diviene un segnalatore di incentivi (Damasio, 1994). Ogni apprendimento o cognizione, insomma, viene marcato emotivamente, secondo tonalità positive o negative, piacevoli o spiacevoli, per cui le nostre emozioni fanno sempre parte del nostro pensiero.

Le emozioni che bloccano la motivazione e inibiscono l´apprendimento o limitano l´apprendimento alla semplice fase ricettiva, sono la paura, l´ansia, l´insicurezza, la persistente confusione, gli stati d´animo di risentimento e rassegnazione, la mancanza di fiducia, la depressione, la frustrazione, la noia, ecc. Le emozioni che, invece, sono più in grado di stimolare il desiderio di apprendimento per scoperta e di facilitarne il processo sono: la consapevolezza di sé , il senso di divertimento, l´accettazione della sfida, la curiosità, il senso di auto efficacia (self-efficacy), ecc..

In un importante Convegno svoltosi a Roma (28 - 30 Agosto 2009) sul tema "Chiamatele emozioni" lo studioso ticinese Davide Antognazza (n.1966) ha mostrato la differenza che esiste all´interno del cervello tra soggetti che vivono situazioni diverse, l´una in stato emotivo positivo e l´altra sotto stress.

Nel primo caso, nel cervello di un soggetto rilassato, si registra un´attivazione della corteccia prefrontale, che è quella più performante; nel secondo caso nel cervello in stato di stress, si attiva una forte attività dell´amigdala e una minore attività nella corteccia.

L´incidenza delle emozioni nella scuola e nella elaborazione dei personali progetti di vita sono, in qualche modo, guidati dalla memoria emozionale, che lasciano una traccia dell´esperienza passata, guidano i comportamenti presenti e futuri e predispongono e stimolano il soggetto ad un´azione successiva per raggiungere un obiettivo, fino a condizionarne, a lungo termine, anche i risultati nella vita lavorativa (memoria riproduttiva). Allora, dunque, se è vero che le emozioni sono il modo di essere di ognuno di noi e che accompagnano costantemente i processi del pensiero, bisognerebbe lavorare, a livello scolastico, in modo mirato: sul benessere emotivo dell´alunno che apprende, sulla sua solidità emotiva che lo aiuti a fronteggiare i compiti di sviluppo, nei suoi momenti di maturazione e di crescita e, soprattutto, sulla motivazione ad apprendere.

EMOZIONI E MOTIVAZIONE ALL´APPRENDIMENTO

In base alle riflessioni sopra riportate cerchiamo di esaminare il tipo di collegamento che si stabilisce fra emozioni, motivazione e apprendimento. La domanda da cui si può partire è la seguente : perché nasce e come nasce la voglia di conoscere?

Vari sono i contributi teorici che ci aiutano a capire e ad affrontare la questione. La prima possibilità, da sempre auspicata da tutti i soggetti impegnati nel campo dell´educazione, è che lo studente sia intrinsecamente motivato ad apprendere e che studi la disciplina per il solo fatto che gli interessa (il piacere di imparare). In questo caso l´acquisizione delle conoscenze su un determinato argomento gli può dare emozioni positive: ad esempio se un alunno ha una curiosità specifica ad esplorare un campo del sapere scientifico o matematico, proverà un´emozione particolare nella scoperta di ciò che gli interessa . R. White (n.1942) mette in risalto l´importanza della motivazione per competenza, legata al bisogno di padroneggiare e controllare l´ambiente, che comporta una forma di soddisfazione intrinseca ai comportamenti stessi e che si manifesta come un senso di efficacia (self efficacy) e di stima di sé.

S. Harter (n.1966) esamina gli effetti del successo e dell´insuccesso sulla motivazione di competenza e all´interazione tra motivazione estrinseca ed intrinseca, che possiamo così sintetizzare : quando i tentativi di padronanza producono risultati positivi evidenziati dalle risposte che gli provengono dall´ambiente, il soggetto viene rinforzato positivamente e questo lo porta a interiorizzare un sistema di autogratificazione. Con il ripetersi di questo processo diminuisce la sua dipendenza dal rinforzo sociale esterno, e la motivazione di competenza, come motivazione intrinseca, risulta accresciuta.

L´altro approccio può essere di tipo ludico (imparare è un gioco). In questo caso l´alunno impara le scienze, la matematica, la geometria (indovinelli, giochi matematici, giochi motori di rappresentazione spaziale, ecc.) perché si diverte, ma l´emozione che egli prova legata al processo può, nel tempo, diventare emozione terminale, come nel primo caso sopra illustrato.

Non sono, inoltre, da trascurare la motivazione e l´emozione per l´apprendimento di una disciplina legate al legame affettivo con l´insegnante (trasferimento emotivo): l´alunno che prova, nei suoi confronti, simpatia, affetto, ammirazione, è portato a fare qualcosa che lui possa gradire ed apprezzare. Si arriva anche ad amare la disciplina per una forma di innamoramento per l´insegnante.

Un fondamentale aspetto da considerare è, inoltre, la capacità dell´insegnante di contagiare emotivamente lo studente (contagio emotivo): un insegnante che ama la sua disciplina prova un´emozione positiva nell´insegnarla, trasferisce in lui il potere motivante dell´emozione e quindi il piacere di studiarla.

Un meccanismo ancora più evoluto nell´interazione insegnante-studente è quel meccanismo psicologico definito empatia, quella capacità, cioè, di mettersi nei panni dell´altro e di condividerne gli stati d´animo. Si tratta, ovviamente, di una qualità dell´insegnante, che deve animare ogni sua azione educativa e che ne condiziona la sua efficacia.

Ciò che si vuol mettere in evidenza, in questo caso, è che la motivazione allo studio, in molte situazioni, può essere influenzata favorevolmente dai comportamenti e/o dalle emozioni degli insegnanti.

Da una ricerca di Isabella Poggi, Laura Bartolucci, Sissy Violini, del dipartimento di Scienze dell´Educazione dell´Università Roma Tre, effettuata su 275 studenti o ex studenti, fra i 10 e i 54 anni, sulle emozioni provate dagli studenti per gli insegnanti sono emersi i seguenti dati :

il 55,75% sono emozioni positive (come simpatia, affetto, ammirazione, stima, tenerezza ), il 44% sono emozioni negative (come odio, disprezzo, rabbia, antipatia).

I risultati della Ricerca evidenziano anche un corrispondenza di valenza fra le emozioni provate dagli studenti verso gli insegnanti e quelle degli studenti per la materia da loro insegnata nel 76% dei casi.

Per quanto riguarda il fenomeno del contagio di emozioni positive la congruenza fra le emozioni verso la materia attribuite dai soggetti all´insegnante e quelle verso la materia provate da loro stessi si verifica in misura ancora più consistente: nel 94% dei casi.

Come nota conclusiva su questo argomento si può, dunque, affermare che una buona tonalità emotiva positiva degli insegnanti verso il loro lavoro e le materie che insegnano possono costituire un importante incentivo alla voglia e al desiderio di conoscere degli studenti, alimentando le scintille, che accendono le motivazioni. In questa breve sintesi che riguarda solo una minima parte dei contributi scientifici degli ultimi anni, riferiti alle forme di conoscenza e ai meccanismi emotivi ad esse connesse, si è cercato di mettere in luce quanto peso debbono avere le emozioni nella Scuola, ma anche fuori della scuola, in contesti diversi legati all´organizzazione e alla realizzazione del personale percorso formativo.

IL RUOLO DELL´INSEGNANTE E LO STILE DIDATTICO

I processi di apprendimento, che si configurano come una modificazione (cognitiva, emotiva, operativa, ecc) dell´individuo, dovuta all´esperienza e all´interazione attiva del soggetto con la realtà esterna, hanno luogo nell´ambito di un contesto relazionale che crea l´insegnante, per cui l´efficacia del suo intervento è strettamente legata alla qualità dei flussi comunicativi, che egli riesce a stabilire con i suoi alunni e al coinvolgimento di tipo affettivo che accompagna le varie fasi del processo educativo.
Il suo ruolo, che, nella scuola di oggi, investe campi d´intervento vasti e complessi, risulta, a questo punto, certamente arricchito rispetto a quello trasmissivo della vecchia scuola, fino al punto di essere determinante nel garantire il successo scolastico degli studenti e nella realizzazione delle loro dotazioni native anche fuori dalla scuola. Chi si occupa di educazione sa bene che alcuni "inciampi" dell´apprendimento possono essere generati da situazioni di sofferenza psicologica, che l´alunno vive all´interno o all´esterno della scuola (come quelle riferite alle esagerate richieste di prestazione e alle altissime aspettative dei genitori e degli insegnanti, ai rapporti poco sereni con i pari, che li può vedere come vittime prescelte di atti di bullismo. Anche la scuola può essere responsabile di alcune situazioni problematiche che pregiudicano il processo e gli esiti finali dell´apprendimento, soprattutto se le stimolazioni scolastiche sono centrate esclusivamente sulla sfera cognitiva (apprendimento concettuale monovalente e unidirezionale), ignorando la componente emozionale e motivazionale. L´insegnante che vuole aiutare l´alunno a realizzare tutte le sue potenzialità non può che essere un insegnante affettivo. In questo contesto egli deve mettersi in una posizione di ascolto attivo, che si configura come un ascolto empatico, in cui è capace di "comprendere il modo di essere nel mondo di un altro dal di dentro, riuscendo ad immedesimarsi nella sua condizione e a penetrare la sua dimensione di interiorità" (C. Rogers 1993, Un modo di essere, Psico di Martinelli e CsaS, 1993).

La dimensione del rapporto docente/discente non può essere limitata alla Scuola d´Infanzia o alla Scuola Primaria, ma deve accompagnare lo studente in tutto il suo percorso formativo anche nel secondo ciclo di istruzione, dove gli adolescenti, che vivono spesso situazioni di solitudine e di latitanze affettive da parte dei genitori, non devono essere lasciati soli con le loro fragilità emotive tipiche dell´età, ma accompagnati, guidati e sostenuti, all´interno dell´Istituzione scolastica, in cui la presenza dell´insegnante si rende indispensabile per confortarli e rassicurarli nei momenti di difficoltà. Alcune ricerche a livello mondiale hanno, infatti, dimostrato la tendenza, nelle nuove generazioni, a un maggior numero di problemi emozionali, rispetto a quelle precedenti.

L´insegnante, in definitiva, deve essere, in questo caso, una figura autorevole e non dominante, che non genera paura nei suoi alunni, ma promuove la motivazione ad apprendere, suscita interesse, genera entusiasmo e li sostiene nel fronteggiare i compiti di sviluppo legati al particolare momento della loro crescita, li fa sentire protagonisti, insomma, di un loro progetto di vita, ma anche interlocutori credibili e motivati per un confronto sulla funzionalità e sull´efficienza della stessa istituzione scolastica.

A tale proposito si potrebbe citare un articolo, pubblicato il 4 Ottobre 2010, dal quotidiano "La Repubblica" dal titolo "Lezioni dal mondo per la scuola italiana", nel quale vengono presentati i risultati della ricerca sul tema "La scuola che vorrei", condotta da Susanna Mantovani, professore di Pedagogia generale e sociale dell´Università di Milano - Bicocca. L´indagine si basa su una serie di giudizi, sulle scuole frequentate, di 47 studenti del secondo anno di Università, che hanno studiato per un anno all´estero, in genere nel periodo di frequenza del quarto anno delle scuole superiori. La ricerca, volutamente ristretta ad un campione limitato per privilegiare l´aspetto qualitativo rispetto a quello quantitativo, si focalizza sui temi fondamentali :

I pregi e i difetti della scuola italiana, il numero delle materie, i professori

I pregi della scuola italiana
: la scuola italiana è considerata dagli studenti abbastanza impegnativa, equa ed utile alla formazione della persona, in particolare vengono sottolineati i seguenti punti di forza : - equità di accesso - cultura generale - collegamenti interdisciplinari - spazi di partecipazione e di cittadinanza (consigli di istituto, consulte degli studenti, ecc.) - legami di amicizia - impegno e ore di studio - preparazione sui fondamenti teorici.

I difetti della scuola italiana: il limite più grave della scuola italiana, secondo gli studenti, consiste nella sua distanza dal presente e dalle esigenze della vita quotidiana, in particolare vengono rimarcati i seguenti punti di fragilità : - è rivolta al passato - presenta una quantità esagerata di contenuti culturali - non facilita l´apprendimento autonomo - utilizza metodi di insegnamento monotoni - è troppo teorica - pone al centro i programmi e non gli studenti - ha bassa stima dei giovani - è fatiscente e poco attrezzata - è punitiva, non premia e non motiva.

Il numero delle materie, inoltre, appare eccessivo, per cui sarebbe bene indicare quelle obbligatorie e quelle facoltative.

Fra le discipline obbligatorie vengono individuate: l´Italiano, la Matematica e la Logica, l´Inglese, l´Educazione civica e la Cittadinanza europea/mondiale, lo Sport (al posto dell´educazione fisica), la Geografia mondiale, la Storia contemporanea, l´Informatica. Fra le discipline opzionali vengono indicate: il Latino e il Greco, l´Arte / Storia dell´Arte / Cinema / Fotografia, Fisica / Biologia / Chimica , Filosofia, Economia, Francese / Tedesco/Spagnolo, Ragioneria , Materie su questioni di attualità, Religioni (non solo cattolica)

Molto interessante appare inoltre la risposta alla domanda : "i professori che vorrei"

Secondo gli studenti i professori dovrebbero essere che : Colti - Coerenti - Appassionati e motivati - Capaci di relazioni equilibrate - Portatori di modelli di comportamento positivi - Comunicativi - Disponibili a mettere al centro dell´azione didattico-educativa gli studenti e non le discipline con i relativi programmi.

Al momento il giudizio degli studenti nei confronti degli insegnanti sono molto critici, ma li comprendono in quanto sono perlopiù frustrati e sottopagati. Questa ed altre ricerche che sono state effettuate su questo tema ci spingono a concludere che bisogna cambiare registro, che certi modelli fissi e sclerotizzati hanno fatto il loro tempo, che l´esperienza educativa deve essere, insomma, un´esperienza che gli studenti devono vivere da protagonisti all´interno della scuola, dove esista un rapporto di reciprocità tra docente e discente, in cui la crescita culturale ed umana dei due soggetti sia come uno scambio di doni fra persone emotivamente coinvolte.Il compito dell´insegnante diventa, inoltre, ancora più impegnativo e complicato, quando il suo ruolo non è solo quello di gestire le dinamiche individuali, in cui egli personalizza l´azione educativa e didattica, ma quello di gestire, come sempre accade, l´intero gruppo classe, dove si verificano continuamente dinamiche complesse e a volte contraddittorie, che evidenziano, talvolta, situazioni di difficoltà e di sofferenza nei rapporti interpersonali. Come in tutte le questioni educative, non esistono ricette miracolose, le Indicazioni Nazionali emanate dal Ministero sono solo una bussola di riferimento, ma è la scuola, in quanto comunità educante, che, sulla base della realtà in cui opera, deve entrare in logica nuova, che investa anche la sfera esistenziale degli studenti, una scuola che sia in grado di superare il concetto bancario di cultura, secondo il criterio dell´accumulo di nozioni, per formare, come afferma Edgard Morin, "non tanto teste piene quanto teste ben fatte", una scuola, cioè, che offra alle nuove generazioni gli strumenti che le aiutino a maturare competenze permanenti, che riguardano :

- la sicurezza mentale e fisica - la capacità di gestire e controllare le proprie emozioni - la capacità di elaborare analisi e pogetti decisionali maggiormente produttivi - la capacità di fronteggiare, a breve termine, i compiti di sviluppo e , a lungo termine, le varie problematiche connesse con gli impegni lavorativi e con i rapporti sociali, e, più in generale, con i vari campi di esperienza nell´arco di tutta la vita.

Come battuta finale, si potrebbero concludere queste note, con un amichevole avvertimento rivolto ad ogni singolo insegnante disposto a mettersi in discussione e a riflettere sulle problematiche esposte: " ricordati che gli alunni, una volta diventati uomini, nel corso della loro vita, potrebbero dimenticare le cose che tu hai detto e la quantità dei contenuti disciplinari che hai loro insegnato, ma non potranno mai dimenticare come li hai fatti sentire"


Pasquale Piredda


Presidente della Commissione Nazionale Cultura dell´UNVS












Fonte: UNVS Latina www.unvslazio.it