L’ARBITRO

03-05-2020 17:45 -


Nella mia vita sportiva del passato, tutto trascorso nel mondo della pallavolo, ho rivestito diversi ruoli: giocatore (molto scarso), dirigente e arbitro in 25 anni di presenza sportiva
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Ho pensato di condividere alcune riflessioni sulla figura dell’arbitro quale giudice di gara.

Ho iniziato a 14 anni nel CSI, poi a 16 anni nella FIPAV fino a raggiungere il ruolo di direttore di gara nazionale serie B, a 27 anni ho dovuto lasciare per motivi di lavoro, con gran dispiacere, mantenendo un ruolo dirigenziale nella società sportiva e collaborando con la FIPAV provinciale.

Un breve accenno della società sportiva nella quale ho avviato la mia esperienza sportiva, che prevalentemente operava nel settore maschile fino alla C1 nazionale, con campionati femminili nei settori giovanili e una prima squadra in 1^ divisione; nella Società erano presenti oltre 200 atleti coordinati da 8 allenatori federali e non ed buon gruppo di dirigenti, di cui 6 si dedicavano anche all'attività di arbitri e circa 10 segnapunti di società.

Fare l’arbitro a me è piaciuto molto fin dall'inizio, la gara la preparavo dall'arrivo della convocazione da parte del designatore; andavo subito a vedere la posizione in classifica delle due squadre, il luogo dell’incontro e il mezzo e i tempi per la trasferta, poi mi recavo in palestra ad allenarmi arbitrando le partitelle di fine allenamento.
Poi arrivava il giorno della partita e cominciava la concentrazione prima durante il viaggio poi con l’ingresso in palestra.
Con l’esperienza, o consolidato l’idea che ci siano tre particolari periodi, fondamentali, in ogni evento: l’arrivo sul campo con tutte le formalità pre incontro, la gara e il post gara, il tutto alla presenza del pubblico.

L’arbitro fin dal momento in cui si presenta ai dirigenti, deve esprimere calma, essere educato e molto disponibile a recepire le informazioni o la presenza di eventuali problemi pre partita, esternati dalle squadre, avendo presente chiaramente il proprio specifico ruolo “dirigere l’incontro.

Ho visto colleghi che si sono impuntati per aspetti meramente burocratici, di scarso rilievo sostanziale (una omologazione campo non chiara, documenti di identità scaduti magari da pochi giorni), che hanno creato ansie immediate alle squadre ed un clima pesante nella relazione fra le squadre e l’arbitro; i problemi si possono affrontare in modo diverso.

Ho sempre pensato che le squadre debbano entrare in campo tranquille, senza pregiudiziali di sorta e giocare la loro partita.

La gara l’ho sempre affrontata con grande calma, sapevo che dovevo prendere decisioni in una frazione di secondo e a volte queste potevano essere contestate. In quei momenti occorreva mantenere la lucidità, l’arbitro, (così facevo) deve dialogare con i giocatori, magari solo con lo sguardo e spesso ci si intende, senza ricorrere ai cartellini che io penso sempre debbano rappresentare l’estrema ratio. Il rispetto non lo si ha con il cartellino, ma con la convinzione della tua scelta e la serenità che tu arbitro trasmetti ai giocatori, quando prendi una decisione.

A volte le contestazioni possono derivare da una tua errata valutazione e quindi le proteste che ne seguono possono essere comprensibili, quindi non puoi estrarre subito il cartellino ma occorre spiegare ed ammettere l’errore se ti rendi conto di avere male interpretato un evento; del resto i giocatori quanti ne fanno!!!
Durante la gara possono esserci delle forti espressioni di protesta da parte del pubblico, bisogna quindi pensare che tu possa aver fatto un errore; per questo occorre pesare con attenzione la denuncia a referto di “offese all'arbitro”, anche se fossero state di poco conto costringono poi la Federazione a sanzionare le società con multe, a volte spropositate.

Io credo che se il pubblico ti apostrofa con i “consueti e variopinti epiteti” stia nelle cose e non si deve essere permalosi perché possono essere la conseguenza di un tuo errore. Ovviamente tutto ciò, ha comunque un limite!

Finita la gara sai come hai arbitrato e il metro giusto rimangono i commenti dei giocatori e del pubblico. Il mio motto era: una gara la dirigi, conoscendo benissimo il regolamento, con un comportamento corretto, ma soprattutto applicando le regole e utilizzando il buon senso.

Nel corso della mia attività, non ho mai avuto problemi di forte contrarietà (accerchiamenti, colpi alla mia persona o pedinamenti in strada), anche se ho diretto diverse partite molto difficili; ritengo di essere stato fortunato, ma anche accorto.

Devo fare una doverosa considerazione, il modo della pallavolo, rispetto ad altri sport, è relativamente molto disciplinato; sicuramente perché non essendoci lo scontro fisico ci sono meno opportunità di conflitti e contestazioni su comportamenti personali degli atleti; la rete di gioco, che separa i giocatori è certamente uno strumento efficace per evitare scontri diretti di qualsiasi tipo.

In conclusione arbitrare non è facile, deve far parte della tua personalità, e mixare il buon senso con l’esperienza, io mi sono sempre sentito tranquillo, al sicuro e tutelato dall'ambiente che mi circondava, perché ho sempre avuto la certezza, che se i giocatori o il pubblico protestano spesso un motivo c'è.

Per mia convinzione non credo che vi siano arbitri venduti, sono in buona fede, ci sono quelli più o meno capaci e soprattutto la giornata storta capita a tutti.

Arbitrare per me è stata una bella esperienza ricca di tante soddisfazioni, dove ho conosciuto tanti personaggi con i quali, ancora oggi, incontrandoli, rivivo quella cordialità di un tempo.
Ho avuto peraltro la fortuna di crescere e fare esperienza in un comitato provinciale, quello di Ravenna, che era fra i primi cinque comitati in Italia per numero di arbitri a livello nazionale, regionale e provinciale.

Cosa consiglierei a chi vuole fare l’arbitro... innanzitutto, di avere piena consapevolezza che quel ruolo , rappresenta la componente più difficile con più responsabilità; quindi occorrono oltre le capacità tecniche (importante allenarsi spesso) massima concentrazione, modestia, pazienza, e tanta calma (suggerisco nei momenti caldi, di fare lunghi respiri e non avere fretta di riprendere il gioco, è necessario riacquistare la necessaria concentrazione).

Ho cercato di trasmettervi le sensazioni, la mia particolare esperienza, cercando di esprimere una visione più psicologica che formale; ci sarebbe ancora tanto da dire, sulla figura dell’arbitro, ma magari potrebbe essere l’occasione per condividere con i veterani, facendo leva su punti di vista ed esperienze diversificate, in un incontro presso la nostra sede.


Gigi Tubertini
Consigliere Sezione UNVS Bassa Roma



Fonte: Addetto stampa Sezione UNVS Bassa Romagna www.unvsromagna.it