Gèza Kertèsz , calciatore, allenatore, soldato, eroe, salvatore di ebreiLo Schindler del calcio

07-05-2020 03:16 -





In emergenza Coronavirus, abbiamo dovuto obbligatoriamente rimanere nelle nostre abitazioni; per me, tra le altre cose e impegni, è stata l'occasione di mettere ordine nei vari documenti sportivi, fotografie rigorosamente B/N, ritagli di giornali dell'epoca, lasciati in eredità da mio padre, ed altri più recenti rappresentati da foto, video e ritagli di giornali e riviste.
Nel riordinare, mi è capitato tra le mani un interessante articolo di giornale, vergato dal caro amico spezzino, Armando Napoletano, scrittore e giornalista sportivo del Secolo XIX e di Tuttosport.
Il pezzo porta la data del 10 Ottobre 2016, ma tratta di una storia calcistica degli anni '20 e successivi, riferita ad un personaggio calcistico ungherese, tale Géza Kertèsz, che, da ottimo giocatore del calcio ungherese, si trasferì a La Spezia, iniziando con lo Spezia Calcio, in qualità di giocatore allenatore ed in seguito proseguì, in giro per l'Italia, la sua carriera di allenatore.
Avevo sentito quel nome da mio padre, ma non avevo idea di quale fosse stata, in seguito, la storia di questo personaggio, che, lasciato lo Spezia calcio, iniziò a girare per la penisola, richiesto, da diverse squadre.
La vita di Geza, come leggerete più sotto, fu stroncata, al suo ritorno in Ungheria, nel 1945, pochi giorni prima della fine della Seconda Guerra Mondiale, mediante fucilazione, da parte dell'esercito tedesco.
Si scoprì che Geza si comportò da eroe, salvando la vita di numerosi ebrei, evitando loro la deportazione, e morte sicura, per sterminio.

Le sue gesta, rimasero per qualche anno nell'oblio, fino a che il mondo si accorse che le sue azioni e la fine da eroe che fece, erano degne di posizionarlo nel novero dei GIUSTI TRA LE NAZIONI, meritandosi l'appellativo di "SCHINDLER DEL CALCIO"

Piero Lorenzelli

Presidente UNVS La Spezia



Questo l'articolo di Armando Napoletano, pubblicato il 10 Ottobre 2016, sul Secolo XIX



Lo fucilarono un pomeriggio, con gli occhi pieni di un pallido e rossastro riverbero.

Aveva paradossalmente ancora una divisa nazista addosso, a brandelli
.
Si era travestito da soldato della Wehrmacht per aiutare moltissimi cittadini a fuggire dal ghetto di Budapest, ma fu prima tradito poi catturato dalla Gestapo e giustiziato. Gli indicarono un paio di scarpe, non sue, in casa; scoprirono un ospite ebreo nascosto.
Lo chiusero nelle carceri naziste; due mesi dopo, il 6 febbraio del 1945, lo finirono.
Così muore Tomasz Géza Kértesz, l'eroe dimenticato della storia dello Spezia calcio, una sorta di Schindler che stava per compiere l'impresa più bella dopo quella da calciatore e allenatore: preservare vite umane, facendole scappare tramite amici nella zona più a sud dell'Ungheria o in Russia.
Nel 1941 erano 825 mila circa gli ebrei nascosti dentro o appena fuori dal ghetto, molti di questi nell'ottavo distretto; 565 mila morirono, altri sopravvissero ma, come stava per fare Kertész, ripararono altrove. Tomasz non ce la fece per un soffio. A Budapest era nato il 21 novembre del 1894, lì morirà.
Ma la storia odierna, questo uomo, che fu allenatore e giocatore dello Spezia, lo farà morire due volte. Kertész, infatti, esordì nel Ferencváros e con quella maglia raggiunse la nazionale ungherese; andava fiero di quel club, oggi non lo sarebbe più per il dolore che gli arrecherebbe.

All'esterno dello stadio della società, nel vecchio quartiere tedesco nella zona sud di Buda, i tifosi vengono spesso perquisiti prima delle gare dalla polizia; loro si avvolgono come in un rito attorno al corpo bandiere e vessilli e cominciano nel loro canto. Qualcuno attacca “I treni partono…” e gli altri finiscono “per Auschwitz”.
Un odio profondo, antisemita, che ha una incredibile ampiezza, con una varietà di canti e di inni che si ispirano anche al dottor Mengele.


Uno dei cori del Ferencváros è ancora oggi “Ossa e sapone, ossa e sapone” e poi, all'unisono premono la lingua contro il palato per riprodurre il sibilo che ricorda il rilascio dello Zyklon B.
James Joyce d'altro canto, aveva soprannominato la città Judapest e questo ai tifosi non è mai andata giù.

Un club che ha un eroe che salvò gli ebrei, con tifosi antisemiti.
L'orrore del calcio di oggi, senza anima e cultura.
Sarebbe bello, che la città dove risiedette nel 1925 ricordasse oggi questa figura, rimasta ai più sconosciuta, ma ritenuto eroe però non solo in patria. Solo due anni fa, per fare un esempio, a Catania, dove lui si fermò per calcio come alla Spezia, si costituì un vero e proprio comitato che chiese a gran voce che gli venisse intitolata una strada. «Dopo aver presentato la richiesta nel 2011 e malgrado le promesse, ci si è dimenticati di questa intitolazione.
Ora chiediamo che sia attribuito il giusto merito a una personalità riconosciuta in ambito internazionale (è sepolta nel cimitero degli eroi di Budapest) e che ha portato il nome della Catania sportiva ai primi successi in ambito nazionale».

Qui, invece, hanno intitolato un anonimo slargo, indegnamente, agli eroi dello scudetto del 1944.


Kertész era il quarto di una famiglia di calciatori, con i fratelli Gyula, Vilmos e Adolf che come lui si erano cimentati con maglie di club magiari. 190 centimetri, uno stampo di famiglia quasi per tutti. Per la storia, per Attilio Bellucco e Paolo Locori che scrissero la Lunga linea bianca, fu il primo vero allenatore ufficiale degli aquilotti. Fu per altro allenatore e giocatore in un trio d'attacco composto anche da Cappa e Gino Rossetti (per i cultori di calcio e soprattutto Torinisti, Gino, si trasferì, nel 1926 sotto la Mole, formando con Baloncieri e Libonatti, il Trio delle Meraviglie)
Vinse il campionato e salì in Prima divisione, regalando serata stupende con l'accompagnatore Gaetano Montale a lui molto caro.
Gioca con il nove, segna un gol al Savona, l'unico in maglia bianca, il 4 aprile del 1926.


Sembra chiaro a fine anno che la sua permanenza sia difficile. Andò alla Carrarese, poi finì sulle panchine di Lazio e Roma, si stabilì a lungo a Catania, fino a tornare in patria, quando scoppiò la seconda guerra mondiale, assumendo il ruolo di tenente colonnello dell'esercito.
Insieme a Toth, ex compagno di squadra, creò un ceppo fortissimo della resistenza ungherese che salvò molti compatrioti ed ebrei dai campi di sterminio nazisti. Il suo arresto avvenne per una segnalazione che fece guadagnare denari, l'8 dicembre 1944; una spiata, quel giorno Tomasz aveva in casa nascosto un anziano ebreo. Qualche giorno prima della Liberazione (13 febbraio), insieme allo stesso Toth ed a altri uomini della resistenza, fu fucilato nell'atrio del Palazzo Reale di Buda. Al suo funerale parteciparono migliaia di persone e anche dai catanesi gli fu riconosciuto il titolo di “martire della patria”. Budapest non era più la stessa da tempo; il crollo asburgico e il disastroso esperimento della rivoluzione comunista, fecero diventare gli ebrei capro espiatorio dei politici nazionalisti.
Nel mirino finì anche l'Mtk l'altra squadra della capitale, che ancora oggi ha l'etichetta di club di ceppo ebraico. Kertész ebbe indubbi rapporti con Giorgio Perlasca, l'eroe tutto italiano che salvò tanti ebrei in Ungheria e che nel 1990, prima di morire disse a futura memoria: "Vorrei che i giovani si interessassero alla storia unicamente per pensare, oltre quello che è successo, a quello che potrebbe succedere e sapere opporsi”

ARMANDO NAPOLETANO

(Socio UNVS La Spezia)




Annotazioni

Ad oggi le gesta sportive dell'eroe Gèza sono ampiamente riconosciute e celebrate

La rete riporta con abbondanza, soprattutto in Italia, i positivi ricordi ed i suoi meriti (Catania gli ha dedicato una strada), ove lo SCHINDLER del Calcio ha trascorso un lungo periodo. (1926 - 1943)


Fonte: UNVS La Spezia - La Spezia www.unvsliguria.it