ASPETTI PSICOLOGICI DELL’ATTIVITA’ SPORTIVA

09-05-2020 17:59 -

Sia esso professionistico o dilettantistico, lo sport è costituito da un aspetto atletico, uno tecnico-tattico e da un approccio psicologico, quest’ultimo alquanto trascurato.

Le più avanzate ricerche scientifiche affermano che per conseguire risultati di pura eccellenza, è soprattutto fondamentale possedere una preparazione mentale adeguata. I metodi di allenamento tecnico-tattico e fisico, sono ormai conosciuti dalla gran parte dei professionisti. Cosa si potrebbe insegnare di nuovo, in tali termini, ad un atleta che ha talento?

Senza una rigorosa preparazione mentale, è praticamente impossibile raggiungere risultati di grande rilievo.

L’aspetto psicologico è poi decisivo per la crescita della personalità dell’atleta, come quando, da ragazzino, viene aggregato alla prima squadra. Passaggio cruciale della sua carriera.

Momento particolarmente critico per la maturazione dell’uomo e lo sportivo. Le difficoltà che insorgono quando egli inizia ad allenarsi con i “grandi”, riguardano soprattutto gli aspetti di carattere psicologico. E’ assai verosimile che si ponga le seguenti domande: “sarò all'altezza del ruolo? Come mi accoglieranno quei compagni di squadra che fino al giorno precedente consideravo i miei idoli? Riuscirò a convincere lo staff tecnico della bontà delle mie qualità?” E se non ce la facessi a diventare un professionista?

Naturalmente, le difficoltà affrontate potranno fare da sprone alla crescita del giovane atleta, ma potrebbero contenere aspetti relazionali insidiosi. Tra questi vorremo ricordare una discreta gamma di possibilità. Egli potrà suscitare delle gelosie, specie se possiede un certo talento; potrà essere completamente snobbato ed essere sottoposto ad una sorta di ostracismo; e nel peggiore dei casi, potrà essere clamorosamente oggetto di bullismo.

Questi ultimi aspetti, non necessariamente devono essere considerati negativi. L’atleta, seppur giovane, ma che è ben strutturato dal punto di vista psicologico, potrebbe utilizzare questi fastidiosi contrattempi come trampolino di lancio verso migliori fortune sportive.

Non esistono, a nostro parere, situazioni positive e negative. Siamo noi, con le nostre personalissime maniere di interpretare la realtà, che possiamo utilizzare un handicap di qualsiasi natura e volgerlo a nostro favore. Pertanto, non sempre gli aspetti più deleteri di una certa situazione possono inficiarne il rendimento. In alcuni casi, rappresentano un elemento propulsivo in grado di proiettare l’atleta nel "gotha" dello sport nazionale. Del resto, come sosteneva Lucio Anneo Seneca, ”non si può dirigere il vento, ma si possono governare le vele…” come sanno bene quelli che “vanno” per mare.

Quindi, ciò che per noi fa la differenza tra lo sport professionistico e quello dilettantistico, a parità di talento, è proprio la maniera di attribuire un certo senso alla propria realtà.

Ma vorrei soffermarmi su un altro aspetto della vita sportiva. Poiché lo sforzo fisico è a volte assai protratto e violento, l’atleta può imparare a decifrare tutti i segnali che il corpo gli invia. Deve mostrarsi lungimirante anche in tal senso. Saper rinunciare al momento giusto ad un ulteriore sforzo; “leggere” un determinato indurimento muscolare; capire quando è il momento di tirare il fiato, sono passaggi indispensabili per ascoltare i messaggi che il corpo sta inviando.

Se non si decodificano questi segnali prodromici, con cui veniamo informati che qualcosa non sta funzionando alla perfezione, potrebbe essere assai pericoloso e sfociare, in un tempo più o meno breve, in un fastidioso infortunio muscolare od articolare.

“Sentire” e conoscere la propria fisicità è un momento importantissimo, che potrebbe accorciare od allungare la vita agonistica di un giovane di belle speranze.

Un ruolo importante, infatti, giocano gli “accidenti” prodotti in gara od in allenamento. La presenza di infortuni di lieve o media gravità, ripetuti nel tempo, può essere la spia del fatto che l’atleta non possiede più la fisiologica attenzione inconscia, in grado di proteggerlo da eventi dannosi più gravi e capaci di interromperne la carriera.

Anche in tal caso, sarebbe opportuno indagare la sfera psicologica dell’atleta, in cerca di una serie di convinzioni e valori non più fisiologi, che lo trattengono dal dare il meglio di sé.



Dottor Nicola Pecere
mental coach sportivo
associato Sezione UNVS “Bassa Romagna”.




Fonte: Addetto stampa Sezione UNVS Bassa Romagna www.unvsromagna.it