SPORT DI SQUADRA E SPORT INDIVIDUALE

24-05-2020 10:23 -


Sono due gli aspetti assai interessanti della disciplina sportiva, che nella sua accezione più vera, obbliga ad una serie di comportamenti ben organizzati, la cui finalizzazione rimane il traguardo da raggiungere.

Non a caso, ho parlato di disciplina.

Ma esaminiamo questi due volti così interessanti dello Sport.

Nel primo caso, e stiamo parlando dello sport di squadra, l’atleta vive il senso della collegialità e della appartenenza ad un team, specialmente quando questi risulti essere prestigioso.

Un tale tipo di adesione, spinge lo sportivo a rispettare schemi di comportamento dettati dal gruppo dirigenziale, che invita a sposare un certo stile, che rappresenta
il tratto distintivo della società. Pertanto, lo sportivo viene educato a comportarsi in maniera limpida ed in certo senso precostituita, dove la lealtà funge da spinta caratteriale, che ha ripercussioni incredibili per i singoli atleti in ogni ambito della vita. Ricordiamoci che gli atleti sono pur sempre dei personaggi pubblici ed i loro comportamenti sono “ispezionati” spietatamente dalla critica giornalistica o dall'ambiente circostante, nel caso si tratti di società dilettantistiche.

L’atleta di un certo spessore tecnico, in tali frangenti, vede esaltata la propria figura professionale e l’appartenenza ad un team. Ciò significa servirsi di un formidabile trampolino di lancio verso migliori fortune. Da ciò si può evincere, che il ruolo della squadra esalti sì il gioco collettivo e che questi renda più pregnante ed intensa la prestazione personale.

Non bisogna però sottovalutare gli ostacoli che possono insorgere in dinamiche societarie di questo tipo. Le varie antipatie ed invidie personali, un cattivo rapporto con l’allenatore, sono in grado di far pendere questo precario equilibrio dalla parte di un pessimo sovvertimento dei rapporti personali, che vanificano il raggiungimento dei risultati. In tal caso, l’opera dei dirigenti e dei tecnici è fondamentale per richiamare tutti allo sforzo unitario e rispettare la “mission” della società.

Mi sembra chiaro, in queste situazioni, che il ruolo della dirigenza sia determinante, non solo nello spingere tutti a remare nella stessa direzione, ma nel chiedere, ed eventualmente imporre, dei comportamenti che siano in accordo con l’etica societaria. Da qui si ricostruisce il senso di attaccamento ai colori, del rispetto dei compagni e il senso della collegialità. L’imposizione, in tal caso, non ha carattere punitivo, ma educa ad interpretare il ruolo etico della società.

Nell'esaminare il gioco individuale, invece, bisogna riconoscere che le dinamiche psicologiche sono completamente diverse.

Ad esempio, il concetto di responsabilità acquisisce un significato nuovo. Sul singolo atleta grava tutto il peso della prestazione, sia in caso di risultati positivi che negativi. Solitamente si tratta di uno sportivo che ha un concetto differente del sé. Egli è al centro del proprio mondo e sa come gestire gli stati mentali. Non ha nessun punto di riferimento, se non se stesso.

Rispetto allo sportivo che si cimenta in gruppo, ha sviluppato un maggior senso dell’egoismo, che non va interpretato in senso negativo, ma che è indispensabile per nutrire la propria forza e considerazione. Egli beve fino in fondo l’amaro calice della responsabilità, che non può condividere con nessuno.

Da questo punto di vista è solo. Impara a gestire alla sua maniera ogni situazione avversa. Dal punto di vista etimologico, il significato di responsabilità possiede due accezioni. La prima indica “l’abilità a rispondere”. La seconda induce l’atleta a pagare per intero il prezzo dei propri comportamenti.

Ecco, responsabilità significa, soprattutto, pagare il prezzo di qualcosa, in prima persona.

Nel gioco di squadra, invece, il peso dei risultati è condiviso in parti disuguali. È direttamente proporzionale al talento dell’atleta. Nello sport singolo lo sportivo deve trovare soluzioni estemporanee alle proprie difficoltà. Non può contare sull'aiuto dei compagni.

È pur sempre vero che un atleta che si cimenta in uno sport individuale, è sorretto da una squadra di uomini esperti. Tecnici, medici ed eventuali psicologi, possono sì sostenerlo, consigliarlo, ma la responsabilità della prestazione grava soprattutto sulle sue spalle.

Sono due maniere, queste, di interpretare la vita agonistica. Lo sport individuale alimenta maggiormente l’egoismo personale. Lo sport di gruppo, invece, regola il senso di responsabilità di ogni atleta.

Il giusto mix, a mio avviso, è imparare a gestire sé stessi come nello sport individuale e, nel contempo, mettere a disposizione di tutti il senso della collegialità ed di attaccamento ai colori societari, cooperando con i compagni per raggiungere il risultato prefisso.



Dottor Nicola Pecere
mental coach
associato Sezione UNVS "Bassa Romagna"



Fonte: Addetto stampa Sezione UNVS Bassa Romagna www.unvsromagna.it