SIAMO TUTTI DROGATI E NON CE NE ACCORGIAMO.

27-02-2015 20:54 -

Ieri stavo parlando con un amico che stimo molto per le sue qualità umane, oltre al fatto che è uno stimato professionista, e lui mi invitava a non pensare allo sport come un solo deterrente alla droga, ma a considerarlo un importante strumento educativo.
Questa notte ci ho pensato e mi sono reso conto che stiamo parlando della stessa cosa perché oggi lo strumento educativo è la droga, intesa non come sostanza allucinogena, ma come mentalità indotta, per cui combattendo la droga combattiamo un modo errato di educare.

Contro cosa combattiamo quando combattiamo la droga?
In parte contro una sostanza, ma se analizziamo in profondità, ci accorgiamo che stiamo combattendo una mentalità che si è insinuata nella nostra civiltà: il tutto subito.
Ingannati da stupide pubblicità e da falsi profeti, abbiamo creduto che la felicità stia nel raggiungere la meta, senza renderci conto che qualsiasi meta non è che una tappa intermedia verso la prossima meta.

La vera soddisfazione sta negli sforzi che facciamo per raggiungerla, nel superare di volta in volta noi stessi per avvicinarci al traguardo e questa marcia di avvicinamento ci accresce, ci migliora, ogni passo ci da sensazioni nuove che entrano nel nostro bagaglio personale.
Tutto questo lo abbiamo dimenticato ed oggi stiamo diventando tutti drogati, più o meno tutti, senza accorgercene riteniamo che il tempo della conquista sia tempo sprecato, non siamo più abituati a lottare, a conquistare e ad impegnarci per ottenere quello che vogliamo e allora ecco pronta la società della droga che ci prepara a diventare i suoi clienti.
Pensate a quante cose abbiamo accettato per accorciare i tempi: i fast food, il forno a microonde, la calcolatrice, il linguaggio a sigle e non più la ricerca della parola giusta con conseguente comunicazione sommaria.

E allora ecco i giornali fatti di titoli e non di articoli, la laurea breve, altrimenti non si ha la pazienza di aspettare, la sparizione degli apprendisti, il telefono cellulare, perché anche la comunicazione che abbiamo visto essere sommaria, deve però essere, sempre e sempre più, immediata.
Non più attese a casa aspettando una telefonata, non più trepidazioni guardando il telefono, e allora .... cellulare in tasca e via.

Tutto questo ci diseduca nel profondo per cui non cerchiamo più di scegliere all´interno del gruppo chi dovrà essere il leader, ma ci sottomettiamo subito al primo bullo che capita - la forza è più immediata del ragionamento - e cosi anche il corteggiamento diventa tempo perso e le violenze carnali si moltiplicano, perfino la morte deve arrivare in fretta per cui si giustifica l´eutanasia sostituendoci ai ritmi naturali.
E´ chiaro che quanto più questa mentalità trova diffusione, quanto più il doping nello sport diventa un fatto naturale.
Chi ha voglia di aspettare anni in attesa che la sua prestazione migliori? Chi ha voglia di lottare all´interno del gruppo per diventare più bravo?

Si, noi lottiamo contro il doping nello sport, ma dobbiamo lottare anche contro la mentalità drogata del tutto subito.

Non si pratica uno sport per andare in televisione o sui giornali, si pratica uno sport perché ci si diverte, ci si migliora, si impara a condividere il dolore e il piacere.
La vittoria o la sconfitta non sono i momenti belli o brutti, ma lo è tutto quello che ci avvicina al momento della vittoria o della sconfitta.
E´ imparare a lottare per essere pronto in quel momento, è il riuscire ha capire che il sacrificio di oggi servirà domani, il capire che l´impegno preso con i compagni va rispettato e questo ci insegna cos´è il senso del dovere, l´amicizia, la condivisione.
Questo avvicinarci al momento della verità, la settimana prima della partita, il giorno prima, la notte prima, quando cominciano ad assalirci i dubbi, quando ci rendiamo conto che potevamo fare di più o meglio, solo allora capiamo il valore di quanto abbiamo fatto e il tutto assume un senso.

Poi il giorno dopo non è che la diretta conseguenza del lavoro svolto nei mesi prima, esattamente come il giorno dell´esame, della laurea, della prova importante.
Questo ci deve insegnare lo sport.

Deve insegnarci a migliorare, non a vincere, ed attraverso i miglioramenti a renderci soddisfatti e sicuri di noi stessi, consapevoli che non esistono ostacoli insormontabili ma esistono metodi di allenamento e volontà di riuscita.
Sì, lo sport sarà lo strumento che tornerà a farci assaporare soddisfazioni che il tutto subito non può darci.

Sì, i Veterani della U.N.V.S. con la VEMS combatteranno e si impegneranno a 360° perché non c´è un altro modo per sconfiggere una mentalità drogata.

Noi vogliamo insegnare a conquistare le cose, la divisa, il fiato, l´amicizia e la stima dei compagni, noi vogliamo un pubblico che partecipi divertendosi, non che litighi in tribuna, perché lo vogliamo consapevole che l´importante non è, e non può essere, solo chi vince, ma chi ha lavorato duro per essere lì per guadagnare il rispetto.

Il rispetto non è dato dai soldi, né dal potere, ma è dato dai comportamenti.
Si è temuti per il potere, si è adulati per il denaro ma si è rispettati - ricordiamoci e ricordiamolo sempre - per i comportamenti.

Il rispetto di una Nazione deve essere prima per gli Eroi, ma lo stesso rispetto dovranno avere tutti coloro i quali ovunque nel mondo compiono il loro dovere al servizio della comunità, e non per i soldi, non per sete di potere, ma per conquistarsi il rispetto dei propri cari, dei propri Amici, dei propri Amici di Associazione, ma sopratutto di se stessi.

Questa è la vittoria che la U.N.V.S. con i suoi Associati vuole conquistarsi, anche con l´impegno che la VEMS si è assunto.
La nostra vittoria non saranno i due punti, piuttosto saranno tanti Veterani meritevoli del rispetto guadagnato sul "Campo Sportivo" della Vita.

Fonte: Giovanni Salbaroli - VEMS www.unvsromagna.it