L´educazione sportiva e i cattivi maestri

06-03-2015 13:32 -

Ricordo gli anni della mia infanzia: ogni momento era buono ed ogni luogo era adatto per dare libero sfogo alla mia spensieratezza. Il luogo più frequentato era la strada: era lì che si trascorreva il tempo libero in compagnia degli amici. Non era necessario il controllo dei genitori: si usciva, si girava tranquillamente, si frequentava l´oratorio. Il grande calcio del dopoguerra è nato così: l´incontro fra il calcio di strada (gioco stretto simile a quello di spiaggia dei sudamericani) e quello dei grandi spazi più propriamente europei. L´aspetto più esaltante era la spontaneità, il divertimento puro.

Poi, tutto questo si è andato perdendo ed è cominciata la corsa sfrenata di un processo culturale. Nessun genitore oggi manderebbe più i propri figli a giocare sulla strada da soli. E pochi oratori hanno spazi sufficienti per tanti ragazzi. Così il calcio, da sport nazional-popolare, è diventato qualcosa di alto-borghese, anzi di elitario. Non è più il calcio spontaneo tra amici. Ora i bambini che vogliono apprendere uno sport debbono pagare per farlo. Non hanno più uno spazio o una strada, hanno solo la possibilità di una scuola calcio. E questa costa.

"La nuova pedagogia firmata, metropolitana e ansiosa, scrive Mario Sconcerti, non consente la ricerca di un territorio di caccia. Bisogna pagarlo. Questa è la vera rivoluzione del calcio". Un cambio di cultura, dunque. Sono subentrati gli interessi, i guadagni, gli imbrogli. Sono arrivate le scommesse, il doping, gli scandali.

E i bambini, che fanno? Guardano gli adulti, imitano i grandi. I loro idoli sono diventati i giocatori famosi della domenica, gli allenatori, gli accompagnatori, i dirigenti. Più spesso sono i loro genitori!

Bisogna dire, purtroppo, che tutti questi personaggi, che dovrebbero essere i loro naturali educatori, si trasformano spesso in cattivi maestri. I loro comportamenti, fuori campo o addirittura in campo, sono a volte aberranti e avvilenti per la volgarità, la violenza, l´aggressività verbale e non solo verbale.

Al cattivo genitore non interessa se il figlio si diverte e cresce nell´ambiente sportivo. A lui interessa solo che il figlio vinca la partita e che il suo nome figuri nel tabellino dei marcatori o dei migliori. Tutti vogliono la vittoria ad ogni costo e una eventuale sconfitta viene vissuta come fosse una sconfitta nella vita. Ora vige la legge della prevaricazione, della prepotenza, della conquista facile e, di fronte alla sconfitta, si vivono drammi esagerati.

Oggi si rende necessaria una contro-rivoluzione culturale. A partire dai valori sportivi, fondamentali e basilari. Senza la lealtà lo sport non ha futuro. Chi ha in mano le sorti e il futuro dello sport deve dare un serio ed inequivocabile segnale di discontinuità rispetto ad un passato fin troppo generoso di scandali e di partite truccate!

Dobbiamo ripartire dai ragazzi, dal loro bisogno di gioco libero e di divertimento sano. Essi hanno diritto, non solo all​´​istruzione scolastica, ma anche ad una formazione culturale e sportiva. Essi dipendono dai grandi, nel bene e nel male. Hanno bisogno di incontrare figure carismatiche, buoni maestri dotati di autorevolezza. I grandi fanno diventare tutto difficile; ai bambini invece basta correre dietro a un pallone per essere felici.

La prima cosa che bisogna insegnare nella scuola calcio è, per esempio, che alla fine della partita, si stringe la mano all´arbitro e agli avversari e che tutto finisce lì, senza rancori e senza strascichi. Bisogna premiare e promuovere i comportamenti e i personaggi virtuosi; incrementare la coppa-disciplina; dare risalto ai piccoli-grandi gesti positivi. Se ricominciamo da qui, dall´educazione dei ragazzi, non dovremo più raccontare storie di mala educazione sportiva. Puntare sulle nuove generazioni: è questa l´unica scommessa che ci può salvare!

Fonte: Giovanni Salbaroli - Delegato UNVS Romagna - VEMS www.unvsromagna.it