la competizione e la competitività...cosa sono? - (seconda parte)

29-03-2015 17:25 -

L´ideologia della competitività

Una nuova "era della competizione" è emersa negli ultimi decenni. La mondializzazione dello sport ha cambiato i termini di tali attività dando vita a nuove forme di competizione globale che accentuano le possibilità di formazione di vasti poteri finanziari e industriali oligopolistici mondiali. Lo sport, questa colossale impresa che coinvolge, impegna, assorbe risorse umane, finanziarie, organizzative, ben incarna la tendenza della nostra epoca a costruire un sistema globale, in cui tutto è connesso con tutto, sebbene si siano dissolte le gerarchie verticistiche e strettamente centralizzate.Non solo Internet è la metafora di questo mondo post-moderno.

Ma perché la competitività e´ divenuta così predominante? Perché l´obiettivo della competitività è più importante di ogni altro obiettivo? Com´è possibile che un mezzo sia divenuto il fine primario non solo dello sport, ma dell´intera società?


Il modello competitivo ha una valenza positiva in assoluto? E soprattutto: può essere esteso a tutti i contesti di vita garantendo la correttezza etica dei rapporti umani?

Il modello efficientista e prestativo sostiene uno sport sempre più votato alla spettacolarità richiesta dai media, sempre più riproposto in forme ricreative come i videogiochi, che spesso ne esaltano i caratteri o le immaginarie (solo immaginarie?) degenerazioni violente. Le imprese del campione hanno (anzi, devono avere) il carattere di un´acrobazia rocambolesca e prodigiosa, che sappia sempre e comunque stupire, che sappia riempire e "bucare" il (mega)video TV o lo schermo dell´ultimo videogioco. Tutto questo è una prodigiosa macchina di consumo e di consenso, che fa il gioco dei sistemi di produzione e di gestione del potere, fattori imprescindibili non solo per lo sviluppo, ma anche per la stessa sopravvivenza della società occidentale.

La trasformazione della competizione da mezzo a fine non riguarda solo lo sport, ma estensivamente tutto il sistema sociale ed è dovuta a molte ragioni: economiche, finanziarie, politiche, culturali. I sostenitori della competitività sono convinti che l´economia competitiva di mercato sia la sola risposta efficiente ai problemi e alle sfide che le economie e le società del mondo devono affrontare.

Suo fondamento principale è il concetto secondo cui le nostre economie e le nostre società sono impegnate in una guerra tecnologica, industriale ed economica a livello mondiale. Da qui, l´obiettivo più importante in ogni campo è di divenire abbastanza forti da sconfiggere i competitori.
Più grande è la competitività di una impresa, di una regione o di un paese, più grande sarà la sua possibilità di sopravvivenza. La mancanza di competitività vuole dire esclusione dal mercato, la perdita del dominio sul futuro e la sottomissione alla dominazione del più forte.

I limiti dell´ideologia della competitività
Ma la competitività non è una risposta efficiente ed efficace ai problemi e alle opportunità del nuovo mondo globale. Il culto della competitività e l´eccesso di competizione sono invece una fonte di numerosi effetti perversi indesiderati. Essa genera una distorsione strutturale nel funzionamento dello stesso sport, al di là e al di sopra dei suoi devastanti effetti sociali.

Se tutti competono contro tutti, alla fine non si capisce più bene che cosa voglia dire competitività. Se ognuno compete contro ogni altro, prima o poi il sistema cesserà di funzionare. Per sopravvivere, il sistema ha bisogno di una molteplicità e di una diversità di attori. La logica della competitività cerca di ridurre la diversità nel sistema eliminando coloro che non sono capaci di resistere agli attori più forti. In questo senso, contribuisce allo sviluppo dell´esclusione sociale: i soggetti non competitivi sono lasciati fuori, non sono più un soggetto della storia.

Se può essere vero che lo spirito di competizione e di aggressione sia un motore potente per l´azione, la motivazione e l´innovazione, non è, tuttavia, il solo né è slegato da altri motori come lo spirito di cooperazione e lo spirito di solidarietà. La cooperazione è anch´essa un fenomeno fondamentale nella storia dell´uomo.

La competizione e la cooperazione così come l´aggressività e la solidarietà, sono dimensioni consistenti della condizione umana e sociale, spesso in conflitto.

L´ideologia della competitività ignora o svilisce la cooperazione e la strumentalizza alla propria logica in termini di:
- «riduzionismo» e fondamentalismo settario. Riduce l´intero processo della condizione umana e sociale alle percezioni, motivazioni e comportamenti dell´homoeconomicus, e questo viene ulteriormente ridotto all´homo competitor. Le percezioni, le motivazioni e i comportamenti delle persone non hanno alcun valore se non sono legittimati e valorizzati dal principio della competitività. In ogni caso essi sono irrilevanti per l´economia, se si situano al di fuori della logica della competitività (let´s go back to business).
- Riduzione massiva del senso e della nozione di economia. Economia vuole dire "le regole della casa", cioè il governare un´entità sociale quale la famiglia. Entro una famiglia ci sono naturalmente fenomeni di competizione per il comando o per la libertà, fra padre e madre, genitori e figli, i nonni e la generazione più giovane. Ma una famiglia assicura un buon autogoverno se la cooperazione e la solidarietà non solo coesistono con la competizione e l´aggressività, ma sono prevalenti rispetto a queste ultime. In grande misura, ciò che è valido per una famiglia si applica anche ad una città, ad una nazione e alla società mondiale. L´ideologia della competitività non vede che il mercato ed il mercato non è la sola storia che conta e che determina lo sviluppo economico e il benessere sociale dei popoli e dei paesi.

Noi Veterani non siamo contrari alla competizione per sé, ma siamo contrari all´eccesso della ideologia e della pratica della competizione. La logica assoluta della competizione incontra dei limiti strutturali perché essa è incapace di affrontare e di risolvere iproblemi principali della società attuale.

L´ideologia della competitività dà la priorità agli strumenti e ai sistemi tecnici rispetto alle persone che sono considerate solo quando si pongono questioni di organizzazione del lavoro e di adattamento alle esigenze delle nuove tecnologie. Essa consacra il primato del breve termine, dei costi e dei benefici.
Dando la priorità assoluta all´eccellenza, la competitività mantiene e rafforza le ineguaglianze strutturali fra regioni, paesi continenti, persone.
Le disuguaglianze economiche sono anche causa, effetto, e amplificazione delle disuguaglianze sociali e delle esclusioni connesse, provocate dall´ideologia della competitività. Questa, armata con la sola "verità" delle leggi di mercato, crea esclusione fra la gente: tutti sono invitati alla tavola ma solo pochi avranno accesso legittimo perché sono riusciti ad essere più competitivi degli altri.

Solo i vincitori hanno il diritto di continuare e di combattere per ulteriori conquiste. Sempre più, la logica del «vincitore» viene accettata e internalizzata dalla gente. E sempre meno genuini, meno densi, meno visibili e meno durevoli sono i legami sociali e il senso di appartenenza fra individui, villaggi, gruppi sociali, città e nazioni. Il bene comune e l´interesse generale sono ridotti ad essere il bene e l´interesse delle imprese multinazionali vincitrici delle guerre tecnologiche ed economiche.

In queste condizioni, è molto difficile parlare dell´esistenza di istituzioni democratiche e di regimi democratici. Non può esistere una vera democrazia sostanziale laddove la logica delle guerre economiche e la legge del più forte predominano, e dove i diritti dei più deboli sono limitati a quelli di essere un buon soldato della produzione ed un consumatore solvibile.
Infine l´ideologia della competitività porta a un impoverimento culturale su larga scala, come dimostrano le analisi e i dibattiti oggi dominanti sui problemi della vita quotidiana, della scienza, della tecnologia, della ricchezza, dell´etica, della democrazia, dell´ambiente, delle relazioni Nord Sud, della pace, della solidarietà, della pratica sportiva.

Gli effetti negativi dell´eccesso di competizione
- Viene data la priorità agli strumenti e ai sistemi tecnici piuttosto che alla persona e alla società. Le persone contano solo come produttori e consumatori.
- Viene rafforzata la divisione della popolazione mondiale fra il mondo degli integrati e il mondo degli esclusi.
- Si rafforza la grande esclusione sociale mondiale. I popoli, le imprese, le città e le nazioni non competitivi sono lasciati indietro. Non sono più soggetti della storia. Sono senza valore perché sono i perdenti.
- Si contribuisce ad un alto livello di degradamento ambientale. La ricerca di nuovi processi e di nuovi prodotti è subordinata all´imperativo della competitività.
- Viene sostenuto il "circolo vizioso" dell´aggressività individuale e collettiva e viene impedito lo sviluppo del dialogo e della solidarietà fra popoli, nazioni, comunità, persone.
- La democrazia rappresentativa perde incisività e potere a tutti i livelli
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La competizione non può governare gli uomini
La competizione è una risposta insufficiente e inadeguata rispetto alle nuove forme di coesistenza e di co-sviluppo associate ad un mondo finito, ad un sistema globale sempre più interdipendente e interattivo. Il ruolo della competitività deve essere ripensato e ridefinito alla luce delle condizioni e delle dinamiche del nuovo "mondo globale".
La competitività ha un contributo limitato da dare, sul piano dell´efficienza e dell´efficacia, per quanto riguarda la fornitura di beni e servizi socialmente pertinenti e ambientalmente corretti, destinati a soddisfare, fin d´ora e per più generazioni i bisogni e le aspirazioni di base della popolazione degli "esclusi". La competitività non è uno strumento efficiente e efficace per la soluzione dei veri problemi umani.
Essa è soprattutto incapace di promuovere e assicurare la conciliazione e la giustizia sociale, l´efficienza economica, la sostenibilità ambientale, la democrazia politica e la diversità culturale nel mondo di oggi.
Dobbiamo guardare ad altre alternative più efficienti, più efficaci, più affidabili.
Forse significa ridare al termine competizione il suo valore semantico originario che significa essenzialmente "cercare insieme" (cum petere) la migliore soluzione al problema giusto, al tempo giusto e nel posto giusto
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Fonte: Giovanni Salbaroli - Delegato UNVS Romagna www.unvsromagna.it