Sport vero e sport moralmente non accettabile, quale è la discriminante?
19-08-2020 18:09 - Archivio news dalle Sezioni 2009-2021
Quali sono i riflessi pratici, su gare, atleti, tecnici, appassionati e soprattutto sui bambini in età presportiva?
La discriminante è costituita dalla scala dei valori che costituisce il vero propulsore, non solo dello sport, ma di ogni attività umana. Lo sport come lo percepiamo oggi, è solo una brutta e malfatta copia dell’attività sportiva pensata dai grandi pensatori, non solo dei nostri giorni, ma anche di quelli passati, risalenti all’epoca ellenica.
Rifacendosi agli antichi greci, l’attività sportiva era una parte integrante della costruzione morale e fisica dell’uomo. Infatti, nella Accademia Platonica e nella scuola Peripatetica di Aristotele, lo sport, praticato allora nei ginnasi, era considerato una espressione fondamentale delle attività umane, utilissimo per formare l’uomo e il cittadino, che col tempo avrebbero partecipato alla amministrazione della Polis.
Lo sport praticato a quei tempi era dunque una disciplina che, mossa da valori straordinari, doveva forgiare i futuri uomini politici e gli amministratori della comunità Greca. Doveva formare i “cittadini probi ed onesti”.
È proprio questa sensibilità che ha consentito agli antichi ateniesi di creare le prime forme di Democrazia, che si sono poi riverberate nelle vicende politiche di tutto l’Occidente. È anche vero che lo sport veniva praticato per forgiare uomini adatti alla guerra, intesa dai Greci, a quei tempi, più come una attività difensiva che come evento egemonico sui popoli vicini. La discesa in campo (tanto per usare una metafora moderna) di Alessandro Magno, che con la forza delle armi conquistò tutto il mondo greco, mise fine alla straordinaria storia di Atene. I valori portati dal Macedone erano molto più prosaici e distruttivi di quanto non fossero quelli che avevano adottato i greci. E anche in tal caso, gli eventi moralmente corruttivi oltrepassarono le generazioni, arrivando sino a noi.
Infatti, oggi lo sport è concepito solo ed esclusivamente in termini di successo economico, per cui i soldi sono divenuti una discriminante, che distingue l’atleta ricco e celebrato dal cittadino “cosiddetto normale”, che ancora crede in valori che possano far crescere in maniera moralmente onesta, non solo i singoli cittadini, ma la comunità intera.
L’apparire piuttosto che l’essere, ecco la vera passione che ha pervaso l’animo di quasi tutti quanti noi.
Valori come il sacrificio, le rinunce, le delusioni, la caparbietà nell’inseguire un risultato, rispetto degli avversari e della loro fatica, sono considerati disvalori, da lasciare a quei poveracci che strappano la vita con i denti, tutti i santi giorni.
Lo sport è vero se interpretato da uomini veri. E’ sacrosanto, perché educa ad affrontare gli ostacoli della vita ed a non rimanere delusi nel momento di episodi avversi. Non importa se non si raggiungeranno mai determinati risultati. Conta molto di più essere uomini veri, autentici, che solo l’amaro gusto delle frustrazioni può forgiare. Imparare a sopportare gli insuccessi, le umiliazioni fanno di un uomo qualsiasi un essere eccezionale dal punto di vista umano.
Antony Robbins, il più grande motivatore al mondo, sostiene che sono i dolori a fare grande una persona. E sostiene che la grandezza di un essere umano si valuta dalla grandezza del suo fallimento.
Solo i “grandi” possono permettersi il lusso di fallire. I “piccoli” sono lì ad inseguire, senza una meta morale che indichi loro dove andare.
Dottor Nicola Pecere
allenatore mentale
associato UNVS Sezione "Bassa Romagna"
Fonte: Addetto stampa Sezione UNVS Bassa Romagna www.unvsromagna.it