I punti guadagnati sul campo e le sanzioni che li cancellano
03-11-2025 10:03 - Focus
								Poniamo la lente di ingrandimento su un tema di attualità: negli ultimi anni si sta diffondendo nel calcio italiano un fenomeno che merita più di una riflessione, quello delle penalizzazioni in classifica per le società che tardano i pagamenti. Un ritardo amministrativo – che pure può e deve essere sanzionato – viene oggi trasformato in una punizione sportiva che colpisce giocatori, tecnici e tifosi, cioè coloro che sul campo non hanno alcuna responsabilità.
Certo, le regole valgono per tutti, e nessuno vuole difendere comportamenti scorretti o inadempienze. Ma c’è una sproporzione evidente tra un problema economico-burocratico e la sottrazione dei punti conquistati sul campo. In Serie C, dove gestire una società calcistica comporta costi elevati e difficoltà crescenti, quasi tutte le squadre lottano per mantenere un equilibrio fragile. La penalizzazione sportiva, in questi casi, rischia di affondare realtà già in difficoltà, anziché aiutarle a risollevarsi.
Sarebbe più equo prevedere sanzioni economiche – anche severe – e imporre il pieno adempimento entro la fine del campionato, piuttosto che intervenire nel corso della stagione, alterando la regolarità del torneo e vanificando gli sforzi sportivi.
Le recenti vicende di club come Spal, Lucchese, Reggina, Rimini e di altre società storiche mostrano con chiarezza dove porta questo orientamento: al rischio di cancellare un patrimonio sportivo e sociale costruito in decenni di storia.
Forse è tempo di ripensare le regole, distinguendo ciò che è sport da ciò che è amministrazione. Perché la passione dei tifosi e la fatica dei giocatori meritano rispetto: i punti vanno guadagnati e difesi sul campo, non nelle aule dei tribunali sportivi.
Giocondo TalamontiCerto, le regole valgono per tutti, e nessuno vuole difendere comportamenti scorretti o inadempienze. Ma c’è una sproporzione evidente tra un problema economico-burocratico e la sottrazione dei punti conquistati sul campo. In Serie C, dove gestire una società calcistica comporta costi elevati e difficoltà crescenti, quasi tutte le squadre lottano per mantenere un equilibrio fragile. La penalizzazione sportiva, in questi casi, rischia di affondare realtà già in difficoltà, anziché aiutarle a risollevarsi.
Sarebbe più equo prevedere sanzioni economiche – anche severe – e imporre il pieno adempimento entro la fine del campionato, piuttosto che intervenire nel corso della stagione, alterando la regolarità del torneo e vanificando gli sforzi sportivi.
Le recenti vicende di club come Spal, Lucchese, Reggina, Rimini e di altre società storiche mostrano con chiarezza dove porta questo orientamento: al rischio di cancellare un patrimonio sportivo e sociale costruito in decenni di storia.
Forse è tempo di ripensare le regole, distinguendo ciò che è sport da ciò che è amministrazione. Perché la passione dei tifosi e la fatica dei giocatori meritano rispetto: i punti vanno guadagnati e difesi sul campo, non nelle aule dei tribunali sportivi.
				
				
				



