Il calcio è poesia - Rigore al Picco

12-12-2016 10:54 -

"Chi ha inventato il calcio di rigore?", scrisse anni fa il collega Paolo Carbone. Ma soprattutto perché tanti campioni non hanno mai battuto un rigore? E senza i rigori gli scudetti avrebbero cambiato o no padrone? Sembra che la storia nacque il 2 giugno del 1891, in un già moderno hotel di Glasgow, quando un gruppo di signori per la verità già attempati decisero la regola, senza spiegare, anche a così tanto tempo di distanza, che rigore non è necessariamente goal.
Perchè ci vuole fegato per segnarlo, coraggio, le piote devono rimanere ferme e non frementi, il piede deve esser legiferante ed il portiere soprattutto deve avercene voglia. Ma un rigore al Picco è roba delicata, un rigore sotto una curva di gente che ti guarda, che ti scruta.
Se segni diventi un fenomeno, se sbagli un vecchio scarpone.
Mi è capitato in anni di cronismo, di viaggi tra piacere e dovere, tra letteratura e tifo, esprimendo un giornalismo spesso solidale con i predatori della domenica, di vedere rigori calciati al Picco e di vederli anche sbagliare.
Ne ricordo uno calciato da Bonfadini, che non era un molosso e che arrivò qui dal Brescia per chissà quali vie. Chiamò la palla come si chiama l´ostia in chiesa sicuro di battere la sagoma di Jashin.
Si fece parare il tiro dall´ultimo carneade. E poi vidi Telesio sbagliare all´ultimo minuto un rigore contro il Rimini, quando sapeva che se lo avesse fallito avrebbe spedito a casa il suo allenatore Giampiero Ventura, allora giovanotto. E lo mandò a casa, anche se ha sempre riconosciuto che fu un errore clamoroso. Ho visto Pisano battere un rigore che avrebbe rilanciato un campionato, all´ultimo secondo , contro un portiere alto e grosso che si chiamava Di Sarno e giocava nella Pro Patria. Lo sbagliò e pianse, per se e per tutti. Ho visto Rubini parare un rigore a Scazzola in un ultimo secondo di partita. Poi ho visto Catellani e Nenè litigare per tirare un rigore e Chichizola pararne uno a Nicola Ferrari, sempre in un ultimo secondo. Ho visto Sergio Ferretti battere i rigori quasi sempre contro la Reggiana. E Saverino battere Pegolo sotto una curva strapiena, sempre dal dischetto. E poi Leali eliminare il Genoa con una balzo. Non ho mai visto battere un rigore a Renzo Aldi, centravanti o giovanotto: "O un signorino, il senso è quello lì", disse nel gennaio del 1960 Stanislao Ruzic, allenatore dello Spezia. E solo perchè non ero semplicemente nato.
"Per battere un rigore al Picco ci vuole fegato e basta", continuò Ruzic al tempo. Il signorino, come il tecnico di origini dell´est lo aveva chiamato, era proprio Aldi, toscano di Orbetello, che allora non aveva neanche 19 anni. Ruzic, una volta rientrato nello spogliatoio, di uno Spezia-Legnano finito 0-0, gli aveva riversato il mondo addosso; a lui, quel rigore sbagliato contro i lombardi dal "signorino", non andava proprio giù: "Benedetto di un ragazzo. Ci sa fare, ma certe volte se vuole può far meglio. Gli avevo detto te la senti? Un rigore al Picco? Ed allora spara forte, e lui, così zacchete (e fa il pugno chiuso per mostrare l´atto: ndr) ti esegue il tiretto, al Picco, ..il tiretto. Tutta esperienza". Il signorino non battè ciglio, forse abbagliato dalla responsabilità di un penalty delicato; Ruzic invece continuò imperterrito: "Non è un impavido, scatta e va dentro, questa stagione dovrebbe fargli bene, la sua medicina migliore è solo quella di non provarci più da quel dischetto". Aldi giocò ancora nello Spezia, 33 gare totali, e nella stagione ´60-´61 finì all´Inter, che lo mandò presto a Cesena, a farsi le ossa.
Non osò mai più sfidare il dischetto del Picco.

ARMANDO NAPOLETANO



Fonte: UNVS La Spezia - La Spezia www.unvsliguria.it