SPORT: vittoria e sconfitta?

14-06-2020 17:31 -

Quando si parla di Sport, inevitabilmente si discute di vittorie e di sconfitte.

I protagonisti sono al centro dell’attenzione, fatto che determina una forte personalizzazione delle competizioni.

Al di là del grande valore dei contendenti, in questa sede si vuole assumere un punto di vista diverso dall’usuale.

E se invece di parlare di atleti tanto celebrati, parlassimo per una volta di quel grande contenitore che si chiama Sport?

Come è facile intuire, le vittorie e le sconfitte sono effimere. Sono elementi capricciosi, che non hanno padroni. Una domanda, però, sorge spontanea. Una vittoria eclatante rende più “grande” l’essere uomo? E una sconfitta cocente mortifica l’aspetto umano dell’atleta, rendendolo piccolo, piccolo?

La risposta è facile da fornire. Lo Sport come metafora della vita ci dice che non sono i traguardi intermedi ad essere fondamentali. La parte più gustosa è il viaggio che intraprende lo sportivo. Ed esso va programmato in tempi più lunghi rispetto ad una vittoria od a una sconfitta.
Siamo sempre in contatto con il nostro divenire. L’essenziale è percorrerlo con maturità ed un pizzico di allegria.

Una vittoria od una sconfitta sono eventi passeggeri. Cosa rimane dopo una gara vinta od una gara persa? Rimane solo il ricordo, che tale resterà per i posteri. Ma poi, lo sportivo deve rimettersi in cammino. E questo percorso è possibile grazie alla capacità propulsiva dello Sport. In questo contenitore sono inseriti tutti i gesti tecnici e tutte le passioni di ogni sportivo.

Ecco, Esso andrebbe celebrato prima che lo siano gli atleti. E’ in grado di compiere miracoli dal punto di vista sociale e della condivisione. Lo Sport ha il grande potere di unire i popoli. La vittoria e la sconfitta, invece, hanno un effetto divisorio. È la coralità degli individui che fa grande ed unico questo grande risvolto della esistenza. In suo nome si radunano gli uomini. Si parla, finalmente, di fratellanza, parola sconosciuta del vivere cosiddetto civile. È vero, gli atleti gareggiano, ma questo può essere un aspetto non decisivo.
E’ il sentirsi tutti terribilmente umani che rende la competizione irresistibile.

Si sa, i records sono stati concepiti per essere battuti. Ma questa affermazione è proprio il riconoscimento intrinseco dei limiti degli uomini. È l’ammissione di una atavica inferiorità nei confronti della vita. Perché si tende a vincere o a stravincere? Cosa c’è di magico in tutto ciò? Cosa c’è di attraente nell'essere il migliore? Dobbiamo poi fare i conti con la vita.
E in questo settore, l’atleta non conta. Conta l’uomo.

La vittoria, alla luce di una analisi sommaria, serve all'atleta per espandere il proprio ego. In questi termini non è utile a nessuno. Quello che servirebbe è il recupero di quell'aspetto caratteriale umano che va sotto il nome di umiltà. Umiltà significa riconoscere ed onorare gli avversari. Perché, quando un atleta coglie un successo, questo è frutto anche dell’impegno e della forza degli avversari.
È in realtà un successo collettivo. Gli spettatori vengono inebriati da questa sorta di sostanza stupefacente che è la vittoria. Essi si identificano col campione. Prendono il suo posto e ne ripercorrono i passi, mentalmente e fisicamente. Indossano le stesse magliette o le stesse scarpe, oggetti costosissimi, per sentirsi importanti come loro. Anch'essi, per la durata della gara, celebrano il proprio ego. Venerano il campione, però, con un certo interesse personale. Identificarsi con quel determinato personaggio, è come scendere in campo al suo fianco e provare l’ebbrezza di quella vittoria che non hanno mai conseguito nella esistenza di tutti i giorni. È una maniera per sentirsi importanti. “Se nessuno intende darmi questo riconoscimento, bene, allora sono io stesso a conseguirlo”, sembra dire ogni loro comportamento. Gli atleti, le vittorie e le sconfitte passano. Ma lo Sport non passa. Esso è depositario di valori universali, al di là delle etnie e delle percezioni degli uomini. Per questo è sempre attuale. Non cambia con lo scorrere del tempo.

È l’idea di fratellanza, di unione e di condivisione, che rendono possibile il travalicare delle generazioni.
Inserire disvalori come la competizione eccessiva e il guadagno facile di grosse somme di denaro, non ne hanno inficiato la potenza educativa.
Essa è lì. Cova sotto la cenere.
Molti, grazie a Dio, se ne sono già accorti.



Dottor Nicola Pecere
allenatore mentale
associato Sezione UNVS "Bassa Romagna"



Fonte: Addetto stampa Sezione UNVS Bassa Romagna www.unvsromagna.it