Il calcio è poesia - La palla più Stronza

25-05-2015 14:48 -

Si può guardare una partita scolpirla nella memoria e ricordarsi di quella solo i rigori, nient´altro? Si, se quando arrivi ai rigori ricordi di essere stato agli sgoccioli. Per me la partita era cambiata e così la sua filosofia, avevo scoperto il toro, lentocchio, che si era fatto infilare alla prima corsetta del torero. Ed avevo capito che quella serata romana non sarebbe stata solo festaiola. La sequenza partì dal dischetto: Nicol, alto!, Agostino, gol 1-0. Neal, gol! Bruno Conti, alto. Souness gol 2-1, Righetti 2-2. Era il turno di Ian Rush 3-2!, poi Graziani (e lì vidi nitidamente la palla che si mostrò eccessivamente contrariata di farsi accarezzare dal buon Ciccio) che sparava sulla traversa, ancora 3-2. Quando Kennedy avanzò, capii quella mia strana partita, le sue aspettative e le sue ansie, capii che la sfera non era solo tonda, ma curva, volatile, capace di danzare come una farfalla, ma di posarsi dove voleva lei. Anche con incuria, anche su polvere. Avvenne tutto vicinissimo a me, tanto da riuscire a guardarla quasi negli occhi quella palla. Felice, come forse era solo lei quella sera, di essere passata da oggetto quasi sferico, di rozzo cuoio a pezze rettangolari cucite all´interno con una bocca stringata con una correggia di pelle a far minaccioso bernoccolo (come raccontò un giorno Gianni Brera) a signora ben costruita, elegante, nell´essenza e nei profumi. Telata e lucidata. Più stronza che rozza, a conti fatti. Invitata alla festa nell´Urbe, dove, Madonna mia, tutto era così bello. Kennedy la mise dentro, inutile per la Roma calciare il quinto ed ultimo rigore. Una beffa atroce, proprio nel momento di uscire dallo stadio sentii l´ultimo grido della Sud: «Roma, Roma». Ci guardammo tutti, avevamo vissuto ognuno la nostra gara, senza parlare. Fuori fu solo bolgia. Dalla fiaba dell´avvio, con uno stadio trasformato in un teatro, cascate di coriandoli, fragore di colori e voci, al sangue del-l´uscita. L´urlo della folla, diventato quasi isterico dopo il pareggio di Pruzzo, divenne animale dopo la fine. Scontri a non finire, l´ira italiana contro quella inglese, forse alticcia ma non scomposta. Gente che correva senza sosta fino alla più vicina stazione, credo 3-4 km, come maratoneti, mentre volavano pugni, sassi, spranghe. Il mostriciattolo della fatica aveva morso i polpacci dei giocatori, di Cerezo e di Falcao, e degli stessi tifosi. La polizia faticò, ma la cosa più strana fu che quando arrivammo alla stazione, il treno che si sarebbe direzionato verso il nord, era composto da una ventina di vagoni, circa la metà occupati da inglesi. Riuscii anche a parlare con alcuni. Ricordo un ragazzino, avrà avuto 8 anni, con una splendida coccarda. Nel correre e nella bolgia, il padre preferì salire e guadagnare posti al sicuro, togliendolo dal dramma; non andammo oltre il saluto e scambi di complimenti. L´orchestrina chiudeva, in quella serata romana. La Roma, la Magica, cedeva al Liverpool un anno dopo che la Juventus aveva perso la stessa finale ad Atene con l´Amburgo. Io ero passato dalla poltrona allo stadio. Per uno scherzo del destino avevo assistito alla più beffarda delle rappresentazioni. Spensi la luce e non pensai più. Ma non sono più entrato all´Olimpico e la Roma non ha più giocato quella finale.
Domenica 24 maggio 2015 alle 15:48:56

ARMANDO NAPOLETANO - Giornalista e Scrittore sportivo


Fonte: UNVS La Spezia www.unvsliguria.it